Mascherine & Biscagline (e che le mamme ed i Santi ci scusino)

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A cura del com.te Castellani Fabrizio.

Succede a volte, che alle due del mattino, nella notte di Halloween, dopo aver fatto tre o quattro manovre consecutive, tocchi al Pilota la manovra di ormeggio di una bella nave da carico. Una di quelle sincere, pesanti, lunghe larghe e con tanti ponti.

É un Pilota attento alle procedure Anti-Covid quello in servizio: indossa la sua bella mascherina FFP2, mette i guanti usa e getta, ha la radio accesa e ha già allertato i rimorchiatori. Appena la pilotina arriva in prossimità della nave esce, pronto per agguantare la biscaglina. Che però è un nove metri di scalata e pensi che faresti meno fatica a salire in bici lo Zoncolan,

Ora, per chi non è uso al grande ciclismo questo nome suonerà solo un po’ rude, come qualcosa di rozzo e pesante. In effetti è il nome che, in modo appropriato, qualcuno ha dato ad una rampa di garage lunga dieci km, considerata come “la salita più dura del ciclismo”. Una cosa che quando arrivi in cima (se ci arrivi), spezzi la bicicletta in modo da non farti più venire in mente l’idea di affrontarla.

Ma non c’è un’altra via, deglutisci, peschi pazienza e volontà, si comincia l’ascesa.

I primi tre metri vanno via veloci, un po’ per la freschezza, un po’ per quel timore, normale, che la Pilotina appena sotto faccia un movimento strano e risalga verso le tue gambe.

Al quarto, quinto metro, il movimento di braccia e gambe inizia a rallentare.

Sono metri di ricerca dell’equilibrio tra respirazione e movimento, il ritmo di salita.

Dal sesto, settimo il Pilota va un po’ in affanno. La mascherina inizia a premere sulla faccia e si avverte, nelle orecchie, il “Puff Puff” della ricerca di ossigeno. É un rumore strano, un suono che esce dalla bocca aperta, una eco che rimbomba dentro alla maschera e torna in gola e nelle orecchie, al punto che sembra non l’aria da li, non sia mai uscita.

Con lo sguardo un filo appannato si arriva all’ultimo metro. Vedi un paio di facce (mascherate) che ti guardano.

«Bene, è finita » pensi.

Ma non hai ancora entrambi i piedi sul ponte, stai ancora in bilico mezzo dentro e mezzo fuori, che uno dei due (non so se solo ligio alle disposizioni oppure per puro sadismo) inizia a spruzzarti con un disinfettante dall’odore pungente, togliendoti quel poco di ossigeno che ti restava.

L’altra faccia, che evidentemente pensa tu sia piegato in due per fare stretching dopo la scalata, ti misura allegramente la temperatura. «36,2 » dice.

In quel momento il Pilota, prossimo all’uso dell’autorespiratore sta pensando qualcosa sulle Mamme dei membri del comitato di benvenuto. Qualcosa di non proprio elegante.

Il pilotaggio è anche un lavoro di pazienza, però. Ci si ricompone e, disinfettato e autorizzato, ci si avvia verso il ponte, sotto la scorta di un terzo marinaio, anche lui mascherato.

E i Santi?

Sono le parole: «Sorry Pilot, elevator not working » quelle che fanno venire giù i Santi.

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